23 maggio, la tradizionale Fiorita

23 maggio si svolge la tradizionale Fiorita in ricordo del martirio di fra Girolamo Savonarola ed dei suoi due confratelli impiccati ed arsi sul rogo il 23 maggio 1498 in Piazza Signoria.
Una rappresentanza del Corteo del Calcio in Costume ,si  muove da Piazza di Parte Guelfa e tra due ali di pubblico sfila fino Piazza Signoria,dove si  schiera davanti la lapide che ricorda il martirio A seguire esce da Palazzo Vecchio,il Gonfalone di Firenze scortato dalla Famiglia di Palazzo e dal Sindaco,seguito da una rappresentanza di Frati Domenicani e dal coro del convento di San Marco che hanno precedentemente officiato una messa in suffragio nella Cappella dei Priori Dopo l’omaggio floreale da parte del Sindaco , il corteo si muove verso il Ponte Vecchio,dove petali di fiori sono gettati in Arno per ricordare la dispersione delle ceneri dei tre frati.

Girolamo nacque a Ferrara il 21 settembre 1452, terzogenito di un ricco mercante .
Dopo la morte del nonno, il padre Niccolò, desiderando avviarlo alla professione medica, gli fece studiare le arti liberali ciò nonostante,decise d’entrare in convento .
Sulla sua vocazione probabilmente influì la percezione di una forte decadenza dei costumi. Nel 1482, venne nominato lettore nel convento fiorentino di San Marco.dove rimase due anni senza tuttavia ,alcun successo.
Dal 1º agosto 1490 riprese in San Marco le  predicazioni – sul tema dell’Apocalisse e poi anche sulla Prima lettera di Giovanni: formulò la necessità immediata del rinnovamento e della flagellazione della Chiesa e non temette di accusare governanti e prelati – “niente di buono è nella Chiesa… dalla pianta del piede fino alla sommità non è sanità in quella” – ma anche filosofi e letterati, viventi ed antichi: ebbe subito il favore dei semplici, dei poveri, degli scontenti e degli oppositori della famiglia de’ Medici, tanto da essere chiamato dai suoi contraddittori il predicatore dei disperati. Lorenzo il Magnifico lo fece ammonire più volte a non tenere simili prediche,anzi il frate , rispose di non curarsene, predicendo la prossima morte del Magnifico: In luglio, Girolamo venne eletto priore del convento di San Marco. Naturalmente, contrariamente alla consuetudine dei precedenti priori, non rese omaggio a Lorenzo e non si fece ammansire dai suoi doni e dalle cospicue elemosine; .
La notte del 5 aprile 1492 un fulmine danneggiò la lanterna del Duomo e molti fiorentini interpretano l’accaduto come un cattivo augurio; tre giorni dopo Lorenzo de’ Medici morì nella sua villa di Careggi, confortato dalla richiesta benedizione del Savonarola, come attestò il Poliziano.
Il prestigio del Savonarola aumentò anche grazie alla venuta di Carlo VIII e alla cacciata di Piero de Medici, In seguito alla  fondazione della Repubblica Fiorentina, riuscì a diventare arbitro della vita fiorentina appoggiando Pierantonio Soderini, eminente personaggio politico in una riforma della costituzione della Repubblica per cui la città fu sottoposta ad un regime “Demo-teocratico”(1494).
Superate le prima difficoltà, anche se preso dall’attività politica, il Savonarola non si distolse dal predicare, varcando però i limiti di ciò che era “lecito” ad un religioso e si scontrò così con Papa Alessandro VI, a cui rimproverava i corrotti costumi. Egli, inizialmente, gli proibì di continuare la sua attività predicativa ma poichè Girolamo osò disubbidire all’ordine papale,due anni dopo circa, sopraggiunse la scomunica e l’appellativo di “eretico”.
La Repubblica fiorentina in un primo momento lo sostenne, ma poi, per timore dell’interdizione papale e per la diminuzione del prestigio del frate, gli tolse l’appoggio.
Il risorto partito dei Medici  nel 1498 lo fece arrestare e processare per eresia. Il processo fu palesemente manipolato: Savonarola subì numerose torture . Alla fine venne condannato ad essere bruciato in piazza della Signoria con due suoi confratelli. All’alba del 23 maggio 1498, alla vigilia dell’Ascensione, i tre religiosi dopo aver ascoltato la messa nella Cappella dei Priori nel Palazzo della Signoria, furono condotti sull’arengario del palazzo stesso dove subirono la degradazione da parte del Tribunale del Vescovo. Dopo la degradazione i tre frati furono avviati verso il patibolo, innalzato nei pressi della Fontana del Nettuno in seguito compiuta dal Giambologna, e collegato all’arengario del palazzo da una passerella alta quasi due metri da terra. La forca, alta cinque metri, si ergeva su una catasta di legna e scope cosparse di polvere da sparo per bombarde. Fra le urla della folla fu appiccato il fuoco a quella catasta che in breve fiammeggiò violentemente, bruciando i corpi oramai senza vita degli impiccati. Le ceneri dei tre frati, del palco e d’ogni cosa arsa furono portate via con delle carrette e gettate in Arno dal Ponte Vecchio, La mattina dopo il luogo dove avvenne l’esecuzione apparve tutto coperto di fiori, di foglie di palma e di petali di rose. Nottetempo, mani pietose avevano così voluto rendere omaggio alla memoria dell’ascetico predicatore, iniziando la tradizione che dura tuttora. Il punto esatto nel quale avvenne il martirio e oggi avviene la Fiorita era indicato da un tassello di marmo, già esistente, dove veniva collocato il “Saracino” quando si correva la giostra. Questo lo si deduce da “Firenze illustrata” di Del Migliore, il quale così scrive: “alcuni cittadini mandavano a fiorire ben di notte, in su l’ora addormentata, quel luogo per l’appunto dove fu piantato lo stile; che v’è per segno un tassello di marmo poco lontano dalla fonte”. Al posto dell’antico tassello per il gioco del Saracino, v’è attualmente la lapide circolare che ricorda il punto preciso dove fu impiccato e arso “frate Hieronimo”. La lapide, in granito rosso, porta un’iscrizione in caratteri bronzei.